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La SLA

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La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, è una malattia neurodegenerativa progressiva dell’età adulta, determinata dalla perdita dei motoneuroni spinali, bulbari e corticali, che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori.
La SLA fu scoperta per la prima volta nel 1869 dal neurologo francese Jean-Martin Charcot, ma ottenne l’attenzione internazionale nel 1939, quando fu colpito il giocatore di baseball Lou Gehrig. I motoneuroni arrivano dal cervello al midollo spinale e dal midollo spinale ai muscoli di tutto il corpo. I motoneuroni sono le cellule responsabili della contrazione dei muscoli volontari, coinvolti principalmente per il movimento, ma anche per le funzioni vitali, come la deglutizione, la fonazione e la respirazione: la loro degenerazione implica la progressiva paralisi dei muscoli innervati.
I due tipi di motoneuroni coinvolti nella malattia sono i motoneuroni superiori, quelli cioè che collegano il cervello al midollo spinale, e i motoneuroni inferiori, che collegano i neuroni motori superiori dal midollo spinale a tutti muscoli del corpo. Questi neuroni comunicano inviando messaggi elettrici da un neurone all’altro, fino a raggiungere il bersaglio desiderato, ossia i muscoli. Nella SLA, questa linea di comunicazione neuronale collassa; i motoneuroni non sono in grado di portare le informazioni elettriche dal cervello e dal midollo spinale al muscolo, che
come risultato diventa quindi inattivo (paralizzato). Se un muscolo è inattivo per un lungo periodo, la sua massa inizia a diminuire ossia di atrofizza. Questo è il motivo per cui il deperimento muscolare è un sintomo comune della SLA.
A-myo-trofico viene dalla lingua greca. “A” significa no. “Myo” si riferisce al muscolo, e “trofico” significa nutrimento – “Nessun nutrimento muscolare”. Quando un muscolo non ha nutrimento, si “atrofizza” o si consuma. “Lateral” identifica le aree nel midollo spinale di una persona dove si trovano le parti delle cellule nervose che controllano i muscoli. Poiché questa zona degenera, porta alla formazione di tessuto cicatriziale o indurimento (“sclerosi”) nella regione.
Esistono due diversi tipi di SLA, sporadica e familiare. La forma sporadica (SALS), che è la forma più comune della malattia, rappresenta circa il 90% di tutti i casi. In circa il 10% dei casi la SLA sembra avere una chiara connotazione genetica, a causa della chiara familiarità dovuta alla condivisione, tra diversi membri della famiglia di una mutazione in qualche gene responsabile. Le forme di SLA familiare sono clinicamente indistinguibili da quelle sporadiche.
Nei pazienti con SLA le capacità cognitive e sensoriali rimangono intatte nella maggior parte dei casi. Circa la metà delle persone che vivono con la SLA può incontrare difficoltà nell’apprendimento, nel linguaggio e nella concentrazione. Questo è generalmente noto come danno cognitivo. Circa il 15% delle persone con SLA sperimenta gravi cambiamenti cognitivi e comportamentali che vengono diagnosticati come demenza frontotemporale (FTD). L’FTD è una forma di demenza sempre più riconosciuta, con segni e sintomi diversi dalla più comune malattia di Alzheimer (i cambiamenti comportamentali e i problemi di linguaggio sono più importanti nell’FTD). Le mutazioni nel gene C9ORF72 hanno dimostrato di essere la causa più comune di FTD, SLA e SLA-FTD ereditaria. È importante sottolineare che anche circa il 10% dei casi di SLA sporadica (in cui non è nota storia familiare) sono fortemente associati a mutazioni in questo gene.
La SLA colpisce solitamente persone di età compresa tra i 40 ei 70 anni, e si stima che in Italia siano presenti più di 6.000 persone affette da SLA (sebbene questo numero fluttui). Tuttavia, la malattia può colpire anche persone tra i venti e i trent’anni. La prevalenza, cioè la percentuale di popolazione che risulta essere affetta da SLA, grazie all’aumento della presa in carico del paziente, è in aumento. L’incidenza, cioè la misura della probabilità di insorgenza di SLA nella popolazione entro un determinato periodo di tempo, è di 1-3 casi ogni 100.000 abitanti all’anno (fonte: www.aisla.it). Generalmente, tuttavia, la SLA si manifesta in percentuali maggiori man mano si invecchia. La SLA è più frequente negli uomini che nelle donne, anche se con l’aumentare dell’età, l’incidenza della malattia tenda ad essere pressoché uguale nei due sessi.
L’aspettativa di vita dopo la diagnosi è mediamente di 3-5 anni, anche se il suo decorso presenta diverse manifestazioni in ogni paziente che ne è affetto. Circa il 20% vive cinque anni o più; circa il 10% più di dieci anni. La sopravvivenza media negli ultimi anni è notevolmente aumentata, almeno in parte grazie ai miglioramenti nella gestione clinica, nella presa in carico e per la diffusione di supporti tecnologici.

Data la grande eterogeneità di questa patologia, la diagnosi risulta ancora complessa e non esistono al momento terapie farmacologiche efficaci in grado di fermare o rallentare significativamente la progressione della malattia.
Tuttavia, grazie al supporto di ausili tecnologici, alla maggiore consapevolezza dei bisogni dei pazienti e al sorgere di centri clinici specializzati nel corso degli anni la qualità di vita dei malati è decisamente migliorata.
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